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PASSI VERSO GESÙ (materiale aggiuntivo per gruppi di preghiera)

Citazioni ed esperienze

PER IL CAPITOLO 1

A. LA NATURA: LA DOLCEZZA E L’INNOCENZA

Tra la vegetazione della lussureggiante foresta tropicale della Costarica, la competizione  per raggiungere la luce del sole è feroce. Quando una pianta ormai vecchia muore e cade, altri germogli riempiono il vuoto lasciato e cercano disperatamente di farsi spazio, a scapito di altre piante, in una corsa vertiginosa verso il sole. Ma c’è un albero che è sempre libero da ogni viaggiatore abusivo: l’acacia. Ogni sua spina che si gonfia per lasciare spazio a un germoglio ospita una colonia di formiche. Esse si assumono il compito di fare da guardia, demoliscono le foglie dei tralci aggrovigliati di quelle piante che vanno alla  ricerca del sole, pungono tutti quegli insetti che vanno a far visita all’acacia perché ritengono che le sue foglie siano un pasto delizioso e permettono così alla pianta che le ospita, l’acacia, di crescere in pace verso il sole.

In contraccambio l’acacia permette alle formiche di vivere nei fori lasciati dalle spine, di nutrirsi di quel dolce nettare che fuoriesce dalla base del gambo delle sue foglie, e lascia che esse nutrano le loro larve con proteine speciali che si trovano in cima ad alcune foglie. È una perfetta simbiosi: una situazione felice sia per l’acacia sia per le formiche.

Dio ha assicurato a ogni cosa vivente il sole che riscalda e dà vita. Nel paragrafo indicato ([* 1], p. 5) troviamo che la natura, il mondo creato, ci dimostra tutto l’amore di Dio.

  • La simbiosi tra l’acacia della foresta tropicale della Costarica e le formiche dichiara che «Dio è amore».
  • Che cosa, della nostra vita, potrebbe dire al mondo che «Dio è amore»?

PER RIFLETTERE

  • Guardandoci attorno possiamo constatare l’opera di Dio nella creazione. Che cosa vuole egli dirci tramite la natura?
  • È più facile accettare l’idea che una mente infinita abbia voluto che il mondo esistesse, o che il mondo esistente sia il frutto di un caso?

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Salmo 65:11-13
  • Isaia 61:11
  • Romani 1:20
B. L’AMORE DI DIO: AMORE NON DETTO

«Ti voglio bene!». Una frase estranea alle orecchie di Enrico. Queste magiche parole non erano mai scivolate fuori dalle labbra di quella persona dalla quale avrebbe voluto tanto udirle: papà.

Durante una brutta notte di dicembre, Enrico si svegliò di soprassalto: un flusso di adrenalina aveva inondato il suo corpo. Era stato un sogno, un brutto sogno! Sì, aveva sognato che suo padre era morto.

Scese in fretta dal letto e si diresse verso la camera dei suoi genitori. Con gentilezza svegliò papà, e mentre questi si riprendeva dallo shock per essere stato svegliato nel cuore della notte, Enrico singhiozzando disse: «Papà, io devo sapere: mi vuoi bene?».

Silenzio! Dagli occhi di papà scesero copiose lacrime; poi, prendendo la mano di Enrico, lo attirò verso di sé; infine le sue forti braccia lo avvolsero in una stretta densa di tepore e di affetto. Non una parola di più: tutto ciò fu sufficiente. Si era rotto finalmente l’incantesimo!

L’amore di Dio è alla portata di tutti. Nessuna parola, solo una croce. Il paragrafo indicato ([* 2], p. 6) vi dirà qualcosa di più sull’amore di Dio.

  • Perché per alcuni è difficile afferrare le promesse di Dio?
  • Possiamo scorgere adesso, in quello che ci circonda e in noi stessi, una scintilla dell’amore di Dio?

PER RIFLETTERE

  • Non sempre ci è facile dimostrare l’affetto che si prova per i componenti della nostra famiglia. Nello svolgere il nostro ruolo di padre, di madre, di figlio, di fratello o sorella, quante volte dimentichiamo o trascuriamo di accompagnare le nostre azioni con atti ed espressioni di affetto! Dio è disposto a dimostrare ancora un altro atto d’amore per noi. Fermiamoci un momento e godiamone.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Zaccaria 3:1-4
  • Giovanni 3:16,17
  • Giovanni 15:13
C. AUTOSTIMA: FU COSÌ SEMPLICE

Dal diario di Follereau

I primi due figli di una lebbrosa erano morti e il terzo stava per morire. Non di lebbra, però, ma di fame. Anche lei sarebbe morta di fame. Solo che gli adulti ci mettono più tempo, questo è il fatto… Il dottore che aveva trovato la disgraziata durante un giro nella foresta, la prese con sé senza dir parola. Ella lo seguì. Tanto, morire qui o morire là…

Al dispensario fu subito ricoverata. Quanto al bambino… La moglie del dottore aveva un bimbo della stessa età. Un bel bimbo gonfio di latte materno e che da solo non esauriva la sua riserva di cibo. E non poteva essercene per due?

Ve ne fu per due. Il piccolo pensionato si mise a suo agio. Timido dapprincipio. Senza troppo osare. Quando divenne vorace, fu segno che era salvo. Quando la mamma lebbrosa fu guarita, tornarono insieme al villaggio.

Se il dottore e sua moglie non fossero stati disposti a dare, queste due creature, anch’esse di Dio, sarebbero morte. Gesù ha offerto la sua vita per darci la salvezza e la vita. Il paragrafo indicato ([* 3], p. 11) vi darà un’idea di quanto siamo importanti per Dio.

  • Ci sentiamo forse cosa di poco conto?
  • Abbiamo l’esatta cognizione del nostro valore in qualità di cittadini del mondo e come parte del consorzio umano?

PER RIFLETTERE

  • Perché il sacrificio di Cristo?
  • Non poteva Dio impedire che l’uomo peccasse?
  • È una dimostrazione del suo amore il libero arbitrio dell’uomo?

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Salmo 8
  • Romani 5:6-8
  • 1 Timoteo 4:12

PER IL CAPITOLO 2

A. PECCATORI: L’ILLUSIONE DELLA CIVETTA

Una civetta incontrò una quaglia che le chiese:

«Dove vai? Vedo che stai preparando armi e bagagli…».

«Me ne vado in oriente» rispose la civetta.

«E perché mai?» chiese la quaglia. «Non ti trovi bene qui?».

«Le gente del villaggio odia il mio verso stridulo, per questo ho deciso di partire…».

La quaglia osservò:

«Quel che dovresti fare è cambiare il tuo verso stridulo. Se non lo sai fare, sarai malvista ovunque».

La civetta non potrebbe mai riuscire a cambiare il suo verso perché lei è stata fatta per cantare così. L’uomo deliberatamente ha scelto di avere una natura sottoposta al peccato: può egli forse cambiarla? Il paragrafo indicato ([* 4], p. 14) ci dice se esiste una possibilità.

  • Nascere di nuovo significa fare una inversione a U sul percorso della nostra esistenza: è una cosa possibile?
  • Che cosa potrebbe comportare?

PER RIFLETTERE

  • «Per avere la mandorla bisogna rompere il guscio»  Proverbio francese.
  • Per ottenere la vita bisogna «spogliarci della vita».

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Isaia 48:17
B. PROGRESSI: L’ABISSO E IL PONTE

Un incredulo e un credente si ritrovarono a percorrere la stessa strada.

«Vai anche tu verso il grande abisso?» chiese l’incredulo.

«Sì, al ponte che lo attraversa» rispose il credente.

«Non c’è ponte. Vado proprio per accertarmene e portare la notizia a tutti».

Cammina cammina, arrivarono sull’orlo del grande abisso.

«Vedi che non c’è nessun ponte?» disse l’incredulo. Ma mentre parlava, il credente aveva già iniziato la traversata.

«Dimmi, come fai a camminare nel vuoto?» gridò l’incredulo mentre l’altro si allontanava.

«Ma io non cammino nel vuoto, cammino sul ponte!».

L’incredulo non azzardò e rimase di qua. Il credente invece andò di là, e non appena fu giunto gridò:

«Qui è tutto bellissimo, perché non vieni anche tu?».

«Non posso, per me non c’è ponte».

«Certo che se non te lo costruisci, nessuno te lo regala» disse il credente.

Il non credente tornò indietro. Voleva dire a tutti che oltre il grande abisso non poteva andare. Ma come fare? Perciò non disse nulla. E nottetempo, in ginocchio, cominciò a costruirsi il ponte.

L’uomo si affanna per oltrepassare l’abisso che lo separa da Dio, non riuscendo a scorgere il ponte che è stato gettato dal cielo su quell’abisso. Il paragrafo indicato ([* 5], p. 16) ci dirà qual è quel ponte.

  • Che cosa significa andare in ginocchio per costruirsi il ponte?
  • Può l’uomo con le sue possibilità andare a Cristo?

PER RIFLETTERE

  • «Cristo non sta dietro di noi come nostro passato, ma davanti a noi come nostra speranza» Friedrich von Bodelshwingh.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Romani 6:23

PER IL CAPITOLO 3

A. PENTIMENTO: LA CAPACITÀ DELL’AMORE

Nell’America del nord, alcuni anni fa una donna cercò di uccidere suo marito per ben cinque volte. La prima volta mise della polvere di vetro nel suo bicchiere di vino; la seconda volta mise del veleno per i topi nel cibo che aveva preparato per lui; la terza mise nel letto dove egli dormiva una vedova nera; la quarta lo colpì alla testa con un martello mentre dormiva e infine assoldò un amico di famiglia perché gli sparasse con la pistola. Ma tutto ciò non raggiunse il suo scopo.

Alla fine si rese conto di tutto il male che aveva fatto a suo marito: si pentì e in lacrime gli chiese perdono. «Ti voglio ancora bene», le disse il marito. «Ti perdono, perciò desidero con tutto il cuore che ritorniamo a vivere insieme felici come una volta».

Quando chiediamo a Dio perdono per i nostri peccati, ci risponde dicendoci: «Non ho mai smesso di volerti bene!».

Il paragrafo indicato ([* 6], p. 19) ci fa conoscere i sentimenti di Davide quando si rese conto della gravità del suo peccato e ciò che avvenne dopo che ebbe chiesto perdono a Dio.

  • Non era forse troppo quello che questa moglie aveva fatto al marito perché lui la perdonasse?
  • Continuiamo a sentire il peso dei nostri peccati dopo avere chiesto a Dio di perdonarci?

PER RIFLETTERE

  • Essere perdonati riempie l’animo di commozione e di gioia; eppure quando si tratta di perdonare dimentichiamo spesso il bene che procura il perdono.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Matteo 11:28
  • Romani 5:6-8
B. ESAME DI COSCIENZA: L’ORRIBILE ACCUSA

Si racconta di un uomo che si era messo a un angolo di strada per divertirsi a molestare i passanti che provenivano da dietro l’angolo. Ogni tanto, puntando il dito su qualcuno che gli appariva davanti ignaro della sua presenza, gridava: «È lui il colpevole, è lui!».

L’effetto che questa accusa crudele e orribile faceva su chi era ingiustamente indicato come «il colpevole» era: 1) guardarsi attorno con occhi sbarrati e pieni di paura; 2) dopo un attimo di smarrimento, darsela a gambe. Una delle tante vittime di quell’uomo un po’ bizzarro, quando questi puntò il dito verso di lui gridando: «È lui il colpevole», si rivolse a un passante e gli chiese con calma disarmante: «Come ha fatto a saperlo?».

Ci sono molte persone che pensano che Dio faccia come quell’uomo. Pensano che egli sia sempre pronto ad accusare e a puntare il dito sui nostri errori. Ma Dio non fa così, anzi cerca costantemente di rivelarci la sua misericordia e il suo affetto in mille maniere e, non appena ci rendiamo conto di quanto buono sia, sentiamo più intensamente il bisogno di lui.

Leggendo con attenzione il paragrafo indicato ([* 7], p. 24), sapremo che cosa è necessario fare quando comprendiamo quali siano i nostri peccati.

  • Se Dio non ci accusa, come mai a volte, guardandoci dentro, sentiamo il peso della sua condanna?

PER RIFLETTERE

  • L’uomo, nella ricerca affannosa del bene, pensa di essere capace di produrre il bene e pretende che gli altri attorno a lui esercitino il bene. La lezione che la vita ci dà ci conferma che tutto ciò non è che una mera illusione.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Giovanni 8:1-11
  • 1 Giovanni 3:19-24
C. AMORE: CI TENDE LA MANO

Diversi anni fa, un uomo colto della Cina, dopo avere accettato il cristianesimo, cercò in questa maniera di descrivere l’amore di Cristo per i peccatori:

«Un uomo cadde in una fossa profonda; si era ferito e non poteva uscire dalla sua situazione dolorosa. Lo vide Confucio che gli disse: “Mi fai pena, sai? Come mai sei stato così sciocco da lasciarti cadere in codesta fossa? Se ce la farai a uscire, sii più cauto un’altra volta!”.

«Dopo un po’ di tempo giunse un prete buddista: “Poveretto! Mi fai proprio pena laggiù in fondo a codesta fossa! Se tu potessi fare i tre quarti del cammino potrei forse aiutarti a venir fuori”.

«Quell’uomo cercò di muoversi, ma non riuscì a fare neppure un passo; finalmente arrivò Gesù che, udendo il pianto di quell’uomo, si distese per terra e, sporgendosi con le sue braccia fino ad arrivare a lui, gli disse: “Afferra la mia mano: io ti salverò!”. E dopo averlo tirato su dalla fossa aggiunse: “Vai e non peccare più”».

Leggere il paragrafo indicato ([* 8], p. 29) che dà un’idea di quanto sia pericoloso non afferrare la mano che Gesù ci offre.

  • Che cosa della nostra vita interiore potrebbe rappresentare  Confucio e il prete buddista?

PER RIFLETTERE

  • «Non cercare mai d’ingannare te stesso, non giustificare l’errore e ricordati che è cosa bella e magnanima confessare il proprio torto»
    L. Settembrini.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Salmo 37:3-5
  • Giacomo 4:17
D. IL RIMEDIO: LA POTENZA DI CRISTO

Martin Lutero era malato da alcuni giorni e una notte, mentre si agitava nel letto a causa della febbre troppo alta, gli parve di vedere Satana che tenendo un rotolo in mano lo accusava di tutti i peccati che aveva commesso fino ad allora. Lutero si sentì venir meno. Il suo coraggio di uomo intrepido sembrava svanito nel nulla. Ma all’improvviso nella sua mente si fece spazio un pensiero luminoso e, balzando a sedere sul letto, gridò rivolto all’accusatore: «Hai dimenticato una cosa, però! Tutto quello che dici è vero; purtroppo è vero! Ma hai dimenticato che il sangue di Cristo ci purifica da ogni peccato!». E in quell’istante Satana scomparve.

Il paragrafo indicato ([* 9], p. 32), ci ricorda che avere la consapevolezza del proprio stato di peccato è cosa buona, ma avere il complesso della colpa è negativo e deleterio.

  • Martin Lutero, l’uomo della riforma, ha lottato per tutta la sua giovinezza contro il complesso della colpa; abbiamo noi affrontato la stessa battaglia?

PER RIFLETTERE

  • A volte non sembra facile riuscire a guardarci dentro per scoprire le nostre debolezze, ma «chi voglia udire la voce sincera della coscienza, bisogna che sappia fare silenzio intorno a sé e dentro di sé» A. Craft.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Atti 4:12
  • Romani 5:6-8

PER IL CAPITOLO 4

A. PERDONO: PER UN PO’ DI PANE

Un uomo, camminando pensieroso per le strade della città, si trovò di fronte a una chiesa. Erano tanti anni che non vi entrava e, preso da uno strano desiderio, entrò. Sentì dentro il bisogno d’inginocchiarsi e di aprire il suo cuore a Dio.

«Ho le mani sporche di sangue», disse. «Fu quando ero alla guerra in Russia. La fame era terribile. Non dovevamo mai entrare nelle isbe senza avere in mano il fucile… Dov’ero entrato io c’erano un vecchio e una ragazza bionda dagli occhi tristi. “Pane!”, gridai, “datemi del pane!”. La ragazza si chinò. Pensai che volesse prendere una bomba per uccidermi. Sparai deciso ed ella cadde riversa. Quando mi avvicinai, vidi che in una mano stringeva ancora un pezzo di pane. Avevo ucciso una ragazza di soli 14 anni  che mi voleva offrire del pane. Signore, tu sai: ho cominciato a bere per dimenticare… Puoi tu perdonarmi?».

Quest’uomo, giunto ad un punto in cui il peso della sua colpa era insostenibile, si rivolse a Dio riconoscendo che tutto quello che aveva fatto per dimenticare era risultato vano.

Leggiamo il paragrafo indicato ([* 10], p. 35),  che ci aiuterà a comprendere qual è la condizione per ottenere il perdono  dei nostri peccati.

  • Ci riconosciamo forse in quell’uomo?
  • Se minacciati di morte, è giusto uccidere per legittima difesa?

PER RIFLETTERE

  • «Se manca qualcosa alla nostra vita è che non abbiamo guardato abbastanza in alto» R. Follereau.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Luca 7:36-48
B. CONFESSIONE: LA LANTERNA SPENTA

In tempi lontani, in Giappone, durante la sera si usavano lanterne di carta e di bambù con una candela dentro. Una sera, un tale che aveva ricevuto la visita di un cieco pensò fargli cosa gradita regalandogli una lanterna per usarla durante il suo ritorno a casa.

«A me non serve una lanterna», disse il cieco. «Buio o luce sono la stessa cosa per me».

«Lo so che a te non serve una lanterna per trovare la strada, ma possono venirti addosso se non ce l’hai. Prendila», rispose quel tale porgendogli la lanterna.

Il cieco prese la lanterna e s’incamminò verso casa. Non era andato molto lontano quando qualcuno l’urtò violentemente.

«Guarda dove vai», disse il cieco allo sconosciuto. «Non hai visto la lanterna?».

«La tua candela è spenta, fratello!», rispose lo sconosciuto.

Nella nostra arroganza, spesso non ci rendiamo conto che abbiamo la candela spenta.

Rileggiamo il paragrafo indicato ([* 11], p. 38) nel quale ci vengono presentati i pericoli  che corriamo se non ci abbandoniamo alla potenza convincente dello Spirito Santo.

  • Che cosa significa abbandonarsi allo Spirito Santo?
  • Quali realtà potrebbero impedirci di riconoscere il nostro stato di peccato?

PER RIFLETTERE

  • Una confessione parziale non può essere una confessione, come non possiamo dirci perdonati se riceviamo un perdono a metà.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Luca 15:1-7

PER IL CAPITOLO 5

A. IDOLI: DUE ANELLI

Un ragazzo di 17 anni andò un giorno a trovare Follereau. Aveva tra le mani un involtino minuscolo. Gli disse: «A un anno di distanza, ho perso padre e madre. Ora sono solo. Di papà e mamma ho conservato i due anelli di matrimonio. Li do a lei per i lebbrosi».

Se ne andò in fretta perché non vedessi la sua commozione.

Questo ragazzo rinunciò a qualcosa che gli era particolarmente caro, per amore del prossimo. Nel paragrafo indicato ([* 12], p. 41) si parla di rinuncia. Leggendolo ci renderemo conto che spesso ogni rinuncia volontaria dà come frutto una nuova ricchezza.

  • Quale ricchezza riceve l’uomo se rinuncia a se stesso?
  • Che cosa significa in realtà rinunciare a noi stessi?

PER RIFLETTERE

  • Quanti idoli possiede una vita! Uomini e donne nella corsa pazza del tempo che fugge si lasciano affascinare da idoli che non hanno forma, ma che lasciano tracce indelebili sulla sabbia della spiaggia dove si fermano a riposare.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Marco 10:17-21
B. SAPER VEDERE: SOLO CRISTO

Si racconta che il proposito di Leonardo da Vinci nel dipingere il suo cenacolo fosse quello di mettere in evidenza agli occhi di tutti la figura del Salvatore; ma nell’affresco aveva ritratto anche una coppa cesellata che gli era costata tre settimane di lavoro. Non appena l’opera fu compiuta, Leonardo si accorse che coloro i quali l’andavano a vedere erano attratti da quella coppa e che, per osservarne i particolari, si avvicinavano alla parete per guardarla più da vicino. Lo scopo di Leonardo non era stato raggiunto.

Una sera, rimasto solo, l’artista prese il pennello e cancellò per sempre quella coppa: «Nessuno deve più ammirare altro all’infuori di Cristo», disse.

L’espressione calma e serena che Leonardo ha saputo dare al volto di Gesù nella sua opera «L’ultima cena» dà la sensazione a chi la vede – anche se fosse per un solo istante – di pace e di serenità. Eppure, per raggiungere il Cristo a volte dobbiamo percorrere sentieri cosparsi di conflitti e di prove. Rileggiamo il paragrafo indicato ([* 13], p. 42) e comprenderemo meglio che per ricevere il dono della grazia, oltre a contemplare Gesù, è necessario dargli il nostro cuore.

  • Quale potrebbe essere la coppa cesellata nel mosaico della nostra vita che c’impedisce di fissare lo sguardo su Gesù?
  • Quale colore usare per cancellarla?

PER RIFLETTERE

  • Spesso rinunciare a qualcosa che fa parte della nostra vita e alla quale siamo particolarmente legati – sebbene ci rendiamo conto che questa cosa è un impedimento per la nostra salvezza – comporta una lotta non indifferente e a volte, vinti, ci arrendiamo. «Che cosa conta di più, la vita o la morte?».  Domanda retorica questa! La risposta è ovvia: «la vita»; eppure, se nella battaglia della rinuncia di noi stessi per darci a Gesù non riusciamo a vincere, è come dire che conta più la morte!

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Filippesi 2: 5-11
C. SCELTA: IL PRIMO PASSO

Myles Horton crebbe tra la gente povera dei monti di Appalachia. «Nulla cambia», disse Horton a se stesso «fino a quando non si cambia». Era convinto che gli operai – la classe più povera – avrebbero potuto prendersi cura della propria vita e delle cose ad essa attinenti. Ma come?

Horton studiò sociologia e visitò le scuole popolari della Danimarca con molto interesse; ma il suo desiderio di fondare una scuola tra la sua gente non era che un sogno e rimase tale fino al Natale del 1931. Quella sera Horton scrisse un biglietto a se stesso: «Quello  che devi fare, amico mio, è tornare a casa, affittare un locale e andarci a vivere. Comincerai così, e poi lascia che vada avanti».

Dopo qualche tempo, quando raccontò la sua vicenda, Horton disse: «Cinque anni passarono cercando il modo per realizzare il sogno. Quella sera andai a dormire chiedendomi il perché di quella lunga attesa.

«Ora sembra tutto così chiaro e semplice! Il miglior modo per cominciare è cominciare e lasciare che vada avanti». Così nacque la famosa scuola Highlauder.

C’è una potenza nel processo che porta a una decisione: volere è potere! Per prendere la decisione di seguire Cristo dobbiamo rinunciare a fare quello che invece vorremmo umanamente fare. È difficile, ma è possibile se lo vogliamo.

Il miglior modo per farlo è cominciare a farlo. Leggiamo il paragrafo indicato ([* 14], p. 45).

  • Che cosa potrebbe costituire per noi un problema paragonabile a quello di Horton prima che aprisse la scuola?
  • Quale decisione potremmo prendere oggi, tale da determinare un cambiamento nella nostra vita?

PER RIFLETTERE

  • «La gioia di avere superato ostacoli che ci apparivano insormontabili è quella di spingere più lontano le frontiere della conquista… quale gioia è più grande di questa?» H. Keller.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Matteo 14:22-31

PER IL CAPITOLO 6

A. PACE: LA VERA SAGGEZZA

Un re di Wei era incerto: doveva o non doveva fare la guerra a Ts’i? Il suo ministro e il generale del suo esercito erano di opinione opposta e si accusavano reciprocamente di stupidaggine. Hua-tsé intervenne e disse:

«Colui che sa così bene preconizzare la guerra contro Ts’i è sicuramente uno stupido, ma colui che sostiene il contrario lo è ugualmente. E chi tratta da stupidi i partigiani della guerra e i suoi oppositori è anche lui uno stupido».

«Che cosa debbo fare allora?» chiese il re.

«Non pensare né alla guerra né alla non guerra» rispose Hua-tsé, «ma alla pace. Solo dal pensiero della pace nasce la sapienza. E la sapienza aumenta il pensiero della pace. Sapienza e pace sono un tutt’uno».

La pace è un bene prezioso che dovrebbe essere retaggio di tutta l’umanità, ma il male che è entrato nel mondo è causa di battaglie e di conflitti fuori di noi e dentro di noi. L’aspirazione alla pace è comune a tutti i popoli e a ogni individuo, specialmente se si tratta di quella pace che ci fa sentire bene dentro. È la pace della coscienza e della consapevolezza di essere stati perdonati e sanati da Cristo.

Nel paragrafo indicato ([* 15], p. 47) troviamo la strada per ottenere quel tipo di pace.

  • Leggendo questo aneddoto, facendone un’applicazione spirituale, in quale personaggio ci rivediamo: nel re di Wei, nel suo ministro, nel generale o in Hua-tsé?

PER RIFLETTERE

  • «La pace è tal bene che non si può desiderarne uno più caro, né possederne uno più utile»
    Sant’Agostino

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Matteo 18:23-35
  • Luca 5:18-25
  • 1 Giovanni 1:9
B. AMARE: L’ARRESA

«C’è una donna con un bambino che cerca di lei», disse il portiere a Don Carlo Gnocchi. Era una donna sola al mondo con un bambino mutilato di un arto inferiore da una bomba a mano, rimasta a suo tempo inesplosa tra le macerie di una casa. Dopo un anno dalla fine della seconda guerra mondiale, giocando con gli amici, inavvertitamente Paolo l’aveva urtata e ora ne portava le tragiche conseguenze.

«Per favore me lo prenda lei nel suo istituto; io ho fatto di tutto per curarlo, ma a questo punto non so più che cosa fare. Non ho mezzi, non ho lavoro…», disse la madre a Carlo Gnocchi dopo avergli raccontato tutta la storia.

Il bambino intanto, alla vista di quello sconosciuto e avendo percepito l’intenzione della madre, si era messo a piangere. Non voleva rimanere lì senza di lei. Aveva appena 8 anni. Dopo vari tentativi per liberare la  sottana dalla stretta delle sue manine, la mamma riuscì a fuggire. Il bambino cercò di seguirla, ma invano. Disteso per terra, la chiamava e si disperava. Don Carlo Gnocchi lo prese in braccio, ma il piccolo si difendeva come poteva con i pugni, i morsi e i calci dell’unico suo piedino…, ma Carlo continuava a stringerlo forte tra le braccia perché Paolo si rendesse conto che non gli era nemico e che voleva fargli sentire così tutto il suo affetto. Sembrava che fosse tutto vano. Anche Carlo, commosso da tanta disperazione, piangeva con lui.

Per due notti e due giorni Paolo delirò; ma Don Gnocchi non si allontanò dal suo letto. Lo imboccava, gli parlava adagio e sottovoce, si lasciava picchiare quando Paolo si svegliava dai brevi sonni agitati. Aveva anche mandato a cercare la madre che sarebbe potuta rimanere lì col suo bambino – posto ce n’era anche per lei – ma le ricerche erano rimaste infruttuose. Poi un giorno Paolo si svegliò e gli gettò le braccia al collo.

L’amore persistente e altruistico apre le porte alla speranza. Leggiamo il paragrafo ([* 16], p. 52) che ci presenta un altro aspetto dell’amore di Dio.

  • È possibile vedere spiragli di speranza quando ci sentiamo spiritualmente soli e unici peccatori?

PER RIFLETTERE

  • Anche noi possiamo essere veicoli di speranza se riusciamo a sviluppare in noi l’amore per il prossimo; pallida, ma efficace luce per dimostrare al mondo la bontà di Dio.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Salmo 103:3-13

PER IL CAPITOLO 7

A. UBBIDIRE: IL VALORE DI UN IDEALE

«Cara moglie,

tu non sai come ci torturano. Ci spengono sul petto nudo le sigarette accese e di giorno in giorno, quando ci sono gli interrogatori, ci tirano la pelle con tenaglie arroventate, ci mettono le dita su ferri arroventati o ci estraggono le unghie dalle dita. Sono sofferenze terribili…

Rimani coraggiosa e in buona salute, educa bene nostro figlio e nostra figlia, se ormai il destino ha deciso che non c’incontreremo più nella vita.

Saluto affettuosamente te, i due ragazzi e tutti i familiari,

il tuo addolorato marito F.M.».

Questa fu l’ultima lettera scritta da un martire della resistenza partigiana che credeva fermamente in un ideale di libertà, se pur terreno.

Quanti, come quest’uomo, a costo della vita hanno ubbidito a ideali che fanno parte di una mera realtà terrena! Dio ci chiede di ubbidire alla sua legge non perché con l’ubbidienza si conquisti la vita, ma perché l’ubbidienza è la dimostrazione di un amore profondo rivolto a lui.

Nel paragrafo indicato ([* 17], p. 58) troviamo la strada che ci permette di raggiungere l’ideale divino di ubbidienza.

  • Perché l’amore verso Dio equivale all’ubbidienza?
  • È vero che ubbidire per amore non costa sacrificio? Perché, allora, non riusciamo a ubbidire a Dio?

PER RIFLETTERE

  • «La forza e la gloria di tutte le creature consiste nella loro ubbidienza, non nella loro libertà» J. Ruskin.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • 1 Samuele 15:22
  • Salmo 119: 33-35
  • Romani 5:19
B. PERFETTI: CERCANDO DI FARE IL BENE

Il grande scienziato Thomas Edison, nato nel secolo scorso negli USA, fin dall’età di 10 anni si dette allo studio e alla ricerca nel campo dell’elettricità. Più di mille sono i brevetti rilasciatigli nei più vari campi, 170 dei quali prima che raggiungesse l’età di trent’anni. Eppure la gente non si rende conto di quante volte egli abbia fallito nelle sue ricerche prima di raggiungere lo scopo prefisso. Se si fosse scoraggiato al primo fallimento, non avrebbe né scoperto né inventato nulla. Egli affermò un giorno: «Quando volevo arrivare a una scoperta, cominciavo a leggere tutto quello che nel passato era stato scritto sull’argomento, e poi iniziavo la ricerca; e per una ricerca facevo migliaia di esperimenti come punto iniziale e poi ne facevo altrettanti fino ad arrivare in fondo».

Sia lui sia i suoi collaboratori fallirono molte volte nel cercare di far funzionare la batteria elettrica, e quando un suo amico cercò di consolarlo a proposito di certi insuccessi, Edison gli disse: «Che cosa dici! Io ho raggiunto invece un’infinità di successi per cui so per certo che ancora non funziona!».

A volte sembra che nonostante l’impegno per cercare di fare il bene, non si riesca a farlo. Fortunatamente Dio non ci richiede la perfezione. Il paragrafo indicato ([* 18], p. 60) ci rivela il segreto del successo.

  • Perché è difficile per gli esseri umani raggiungere la meta ambita della giustificazione?
  • La perfezione è solo una prerogativa della divinità; è possibile quindi che anche l’uomo possa raggiungerla?

PER RIFLETTERE

  • Anche se spesso cerchiamo di apparire perfetti agli occhi dei nostri simili, interiormente abbiamo chiara la nostra imperfezione e la nostra incapacità di fare bene. In questa situazione, nulla può essere più pericoloso per la nostra vita spirituale di non essere sinceri. Perché?

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Romani 1:17
  • Efesi 4:17-24

PER IL CAPITOLO 8

A. MERAVIGLIE: IL MIRACOLO DELLA VITA

Visitando la Sicilia per ammirarne le bellezze, un giorno mi fermai ad Agrigento, attratta dalla Valle dei Templi. Faceva caldo, ma un venticello proveniente dal mare mi asciugava il sudore della fronte.

Dopo aver visitato il tempio dei «Dioscuri» e altro, mi trovai davanti il meraviglioso tempio della Concordia. Provai una sensazione di impotenza e di nullità di fronte a tanta maestosità e bellezza; ma il mio sguardo improvvisamente si posò su qualcosa che mi distolse: era un mozzicone di tronco vuoto di un mandorlo che fu. Da terra era alto poco più di mezzo metro. La corteccia, l’unica cosa rimasta, era fortemente scheggiata. Da un lato di essa, a circa 25-30 centimetri da terra, era spuntata una nuova pianta, una nuova vita. Quando questo era successo, non sarei stata in grado di dirlo; ma la piccola scintilla di vita, rimasta tra le pieghe di quella corteccia di un albero morto, era cresciuta fino a divenire una pianta pronta a dare il suo frutto. E tutto questo mi coinvolse a tal punto da considerarlo più importante di quelle bellezze che erano il ricordo di un grandioso passato.

Dio può far germogliare tra le pieghe della corteccia della nostra vita una pianta nuova e spirituale.

Nel paragrafo indicato ([* 19], p. 65) viene descritto il potere che Dio ha come datore della vita fisica e spirituale.

* Che cosa può suggerirci quella pianta nata sulla corteccia di quel mozzicone di tronco vuoto?

PER RIFLETTERE

  • «Il segreto dell’esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive» F. Dostoiewsky.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Genesi 2:7
  • Giovanni 3:1-8
  • 2 Corinzi 5:17
B. LEGATI: SFORZI INUTILI

Due amici erano in vacanza in un campeggio sulle rive di un lago. Una sera, per non annoiarsi, decisero di prendere una barca e di andare a bere qualcosa nel bar situato sull’altra riva.

Ci rimasero fino a notte fonda, avendo bevuto molto più del previsto.

Quando uscirono dal bar ondeggiavano alquanto, ma riuscirono a prendere posto sulla barca per tornare alla loro tenda.

Cominciarono a remare gagliardamente sudati e sbuffanti; si sforzarono con decisione per due ore. Finalmente uno disse all’altro: «Non pensi che a quest’ora dovremmo aver già toccato l’altra riva?». «Certo!», rispose l’altro. «Ma forse non abbiamo remato con abbastanza energia!».

I due raddoppiarono gli sforzi e remarono risolutamente ancora per un’ora. Solo quando spuntò l’alba constatarono stupefatti che erano sempre allo stesso punto: si erano dimenticati di slegare la robusta fune  che legava la loro barca al pontile.

Quante volte l’uomo, anche se ha conosciuto Cristo, si «dimentica» di slegare la barca della propria vita e si affatica inutilmente remando a vuoto! Leggendo il paragrafo indicato ([* 20], p. 66) sapremo con chiarezza che cosa è importante fare per poter raggiungere la meta prefissa: la crescita nella grazia.

  • Qual era il motivo per cui i due uomini non si erano accorti che la barca era legata al pontile?
  • Quali potrebbero essere i motivi che a volte tengono legata la barca della nostra vita?

PER RIFLETTERE

  • «Datemi un punto d’appoggio», diceva Archimede, «e io solleverò il mondo».
  • «Il nostro punto d’appoggio è l’amore» R. Follereau, e «Dio è amore»
    1 Giovanni 4:8.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Proverbi 3:5-8
  • Giosuè 1:9
  • Isaia 26:3,4
C. COSTANZA: IL CAPOLAVORO DELLA MAZEPOVA

All’età di 67 anni Galina Mazepova presentò la sua tesi di laurea all’Accademia di Scienze della Russia. Era una tesi di 477 pagine, ma di scarso interesse perché si trattava di uno studio su un crostaceo di un millimetro e mezzo che vive in fondo al Lago Baikal, in Siberia. Per questo studio la Mazepova impiegò la bellezza di 24 anni; e quando fu intervistata, il giorno che ricevette il dottorato, dichiarò che avrebbe continuato a studiare quel piccolissimo crostaceo per il resto della sua vita.

È difficile pensare che ci fosse ancora qualcosa da dire su un così piccolo e insignificante animaletto che se ne sta in fondo al lago dentro il suo guscio!

Quale impegno e quante energie ha impiegato la Mazepova in tutti questi 24 anni! Forse avrà anche pensato qualche volta di cambiare soggetto: tutto il lago era a sua disposizione! Ma lei non si è lasciata distrarre da quello che costituiva il suo scopo.

Molti invece si distraggono facilmente per cose futili da quella che è la cosa più importante della vita dell’uomo: Gesù. Il paragrafo indicato ([* 21], p. 69) suggerisce come fare per non essere vittime di tale distrazione.

  • Che cosa avremmo chiesto a Galina Mazepova se avessimo avuto modo d’incontrarla?
  • Nella sua esperienza di studiosa c’è qualcosa che potrebbe essere identificato come cosa utile per il cristiano?

PER RIFLETTERE

  • «Decidi di essere felice. La paura e i rimpianti non hanno posto nel vocabolario della giovinezza il cui spirito spiega le sue ali bianche e fulgenti verso la spiaggia dorata della terra promessa» H. Keller.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Matteo 14:22-33
  • 2 Corinzi 4:16-18
  • Marco 4:13,18

PER IL CAPITOLO 9

A. DARE AMORE: IL SORRISO DELL’AURORA

Raoul Follereau andò un giorno a visitare un lebbrosario. Quanta miseria intorno! Eppure, in mezzo a tanto dolore, un uomo conservava occhi sorprendentemente luminosi e sorridenti. Aveva il corpo sofferente come quello dei suoi compagni, ma dimostrava un forte attaccamento alla vita. Follereau volle scoprire qual era il segreto che rendeva quell’uomo diverso dagli altri. Lo tenne d’occhio, e quando all’alba il vecchio lebbroso si alzò dal suo giaciglio, lo seguì e aspettò in disparte quando questi ebbe raggiunto il confine del campo. Al di là del recinto, un’esile figura di donna apparve. Non parlava, lanciava soltanto un messaggio silenzioso e discreto: un sorriso e uno sguardo pieno di dolcezza.

Dopo pochi istanti di quel muto colloquio il vecchio tornò verso le baracche e la donna andò via.

Quando Follereau gli chiese chi fosse quella donna, egli rispose:

«È mia moglie», e dopo un attimo di silenzio continuò: «Ha cercato di curarmi in segreto, ma invano. Ora sono qui… Lei mi ha seguito. E quando ogni giorno la rivedo, solo da lei so che sono ancora vivo, solo per lei mi piace ancora vivere».

Questa donna attempata e stanca vede il suo sacrificio – aver lasciato la casa, i parenti e tutta la sua gente – come un motivo di gioia per essere vicino a colui che occupa un posto di primaria importanza nel suo cuore: suo marito. Il bene che fa a lui con la sua presenza, il suo sorriso e il suo sguardo ritorna a lei e l’appaga. Nel paragrafo indicato ([* 22], p. 78) si dice come aiutare gli altri possa essere un vantaggio per noi.

  • Quale potrebbe essere una cosa da fare, anche se non sempre piacevole, dalla quale poi ricevere un bene per noi?

PER RIFLETTERE

  • «Un’idea che non diventi immediatamente energia, è un’utopia»
    R. Follereau.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Salmo 41:2-4
  • Matteo 25:35-40
B. TALENTI: VOLERE È POTERE

Papa Giulio II aveva commissionato a Michelangelo un lavoro particolare e ambizioso: la sua tomba, monumento alla sua gloria. Michelangelo aveva fatto un progetto grandioso che era piaciuto al Papa. Il Bramante, architetto marchigiano che lavorava al famoso colonnato di S. Pietro, non vide di buon occhio – per diversi motivi, tra cui la sua smodata ambizione – la realizzazione di tale progetto, così distolse il Papa dall’idea del mausoleo e cercò di convincerlo ad affidare a Michelangelo il compito di affrescare la volta della Cappella Sistina. Pensava che Michelangelo, assumendosi la responsabilità di questa impresa non adatta alle sue capacità artistiche, avrebbe perso prestigio.

Essere sollevato dal compito di realizzare il progetto della tomba di Giulio II non piacque a Michelangelo. Tanto meno fu entusiasta del nuovo compito che gli si voleva affidare; anche se si era già cimentato in altri lavori pittorici, egli sapeva bene di essere uno scultore, ed era quello che voleva fare. Però non si arrese, e accettò l’incarico. L’invocazione, il cui contenuto rispecchiava la sua indole, fu: «Mio Dio, fatemi la grazia ch’io voglia sempre più che non possa…». Ecco la forza che lo animava!

A dispetto dell’aspettativa del Bramante, Michelangelo in quel lavoro superò se stesso, anche se gli costò anni di fatiche e di sacrifici. Il suo impegno è valso uno dei più grandi capolavori del mondo.

Michelangelo aveva ricevuto un talento eccezionale per la scultura, ma con l’impegno e la dedizione seppe far emergere altri talenti ricevuti che altrimenti sarebbero rimasti nascosti. Tutti noi abbiamo ricevuto doni che possiamo adoperare e sviluppare tanto da renderli fecondi. Questo è confermato dal paragrafo indicato ([* 23], p. 81).

  • Perché  a volte non riusciamo a scoprire i nostri doni?
  • Siamo sempre sicuri di far fruttare i talenti ricevuti?

PER RIFLETTERE

  • «La gente che dichiara di volere “l’arte per amore dell’arte” è incapace di dimostrare l’opportunità della propria affermazione. Nella vita l’arte ha il suo proprio posto, al di là della questione di che cosa sia di preciso. Ma l’arte può solo essere un mezzo per il fine cui tutti tendiamo. Se invece viene considerata un fine in se stessa, rende schiava e degrada l’umanità» Gandhi.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Matteo 25:14-30
  • Romani 12:6-8
  • 1 Corinzi 3:5-9

PER IL CAPITOLO 10

A. PROVVIDENZA: IL TELEGRAMMA

Un giovane aveva finito gli studi e aveva ottenuto un posto di lavoro. Gli era stato detto che si sarebbe dovuto recare in una città del nord in tal giorno e alla tale ora. Era felice! I giorni di attesa passarono in fretta e giunse ben presto la vigilia della partenza.

Tutto era pronto. Un saluto agli amici e poi a letto, perché la mattina il treno partiva presto. Mentre si stava spogliando suonarono alla porta.

«Chi è?».

«Telegramma» fu la risposta.

Nella mente di quel giovane si agitarono un’infinità di pensieri. Prese il telegramma e l’aprì: «Cambiata destinazione…»; seguivano poi le indicazioni. Non più al nord ma al centro. Quale antipatico contrattempo! Non era possibile reclamare: c’erano solo poche ore di tempo, e poi erano ore notturne! Che cosa fare? Rinunziare al lavoro o andare là dove non sarebbe voluto andare? Dopo una notte agitata, il giovane partì alla conquista del mondo anche se non era quello immaginato.

Lavorò in quella città per cinque anni, e lì conobbe quella che poi divenne la compagna della sua vita. Lì ebbe anche le gioie più belle e le soddisfazioni più grandi.

Questo giovane era un credente, e sempre ha pensato che era stato Dio a volere quel cambiamento all’ultimo momento. Leggendo il paragrafo indicato ([* 24], p. 86) sapremo che Dio si manifesta anche nelle varie circostanze della vita.

  • Non è sempre facile distinguere l’opera dello Spirito di Dio negli avvenimenti della nostra vita: perché?
  • Ci sono circostanze della vita in cui Dio non si manifesta?

PER RIFLETTERE

  • «Il mondo è un libro meraviglioso, ma serve poco a chi non ci sa leggere» C. Goldoni.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Genesi 45:4-8
  • Giobbe 11:7-20
B. ANDARE A FONDO: UNA FRASE D’AMORE

Si racconta che per il suo compleanno una principessa ricevette dal suo fidanzato un pacco di un’insolita forma rotondeggiante.

La principessa, impaziente per la curiosità, l’aprì e rimase terribilmente delusa nel vedere che si trattava di una palla di cannone. Furiosa, gettò a terra quel proiettile di bronzo che cadendo si aprì e ne uscì una palla più piccola d’argento. La principessa la raccolse subito. La girò e rigirò tra le mani per capire che cosa fosse; poi, con una leggera pressione fatta involontariamente sulla superficie, la palla d’argento si aprì e a sua volta venne fuori un cofanetto d’oro, e questa volta senza difficoltà la principessa aprì quel cofanetto: su una piccola coltre di velluto nero spiccava un magnifico anello tempestato di splendidi brillanti che incorniciavano due semplici parole: TI AMO.

Spesso si pensa che la Bibbia non abbia nulla da dirci e nulla da darci. Leggendo il paragrafo indicato ([* 25], p. 90) riusciremo a comprendere che se facciamo lo «sforzo» di aprirla, si scopriranno in essa cose nuove e preziose per noi.

  • È ovvio che la principessa pensasse a uno scherzo di cattivo gusto; ma non avrebbe fatto meglio a esaminare più attentamente l’oggetto ricevuto?
  • Ci è mai capitato di dare alla Bibbia soltanto un’occhiata superficiale pensando che sia qualcosa di noioso o di poco adatto ai nostri gusti in materia di lettura?

PER RIFLETTERE

  • «Dio ha dato intelletto a ciascuno di voi, perché lo educhiate a conoscere la sua legge» G. Mazzini.

PER RIFLETTERE

  • Salmo 111:10
  • Ecclesiaste 1:13,14
  • Giovanni 1:1-5
C. SCOPRIRE: TESORO IN FONDO AL MARE

Don Kincai, un sommozzatore esperto in riprese subacquee, il 12 giugno del 1971 si calò nelle acque che circondano le isole Keys della Florida, e precisamente sul lato a ovest (Key West). Sul fondo del mare vide qualcosa di luccicante che spuntava appena fuori dalla sabbia. «Senza troppo badarci l’afferrai e la tirai fuori dalla sabbia. Lì per lì non mi resi conto di che cosa potesse trattarsi: era una catena. Pensavo fosse di ottone», raccontò Kincai quando lo intervistarono a proposito del suo ritrovamento.

Egli faceva parte di un gruppo di ricercatori subacquei, e senza rendersene conto quel giorno aveva scoperto qualcosa di veramente eccezionale: sotto la sabbia, nel punto in cui aveva trovato quella catena, giaceva  Nuestra Señora de Atcha, un galeone spagnolo naufragato nel 1622  andando a urtare sugli scogli delle isole Keys. Portava a bordo un favoloso tesoro.

Ci vollero molti anni ancora per recuperare interamente quel tesoro che col tempo si era sparpagliato qua e là per un raggio di oltre 6 miglia (9 chilometri circa), e alcuni reperti furono trovati addirittura a circa 7 metri sotto la sabbia del fondo del mare. Quando tutto il tesoro fu portato in superficie, fu stimato per un valore di 480.000 miliardi di lire.

Nessuno probabilmente ha mai pensato che la Bibbia potrebbe essere come il fondo di un mare in cui sono seppellite un’infinità di cose preziose. Il paragrafo indicato ([* 26], p. 90) ci dice con quale spirito dobbiamo tuffarci in quel mare per scoprire tesori di inestimabile valore.

  • A tutti è capitato di fare delle scoperte nella vita. Quali sentimenti si provano dopo una qualsiasi piacevole scoperta fatta in seguito a una costante ricerca?

PER RIFLETTERE

  • «La mancanza d’entusiasmo è una forma di morte prematura. È come accettare una sconfitta senza essere stati sconfitti» R. Sapriza.

L’entusiasmo è fondamentale nella ricerca.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Salmo 119:33-40
  • Matteo 4:4
  • Luca 6:46-49

PER IL CAPITOLO 11

A. FORZA: PREGARE È USARE TUTTE LE NOSTRE FORZE

Il padre guardava il suo bambino di pochi anni che cercava disperatamente di spostare un grosso vaso da fiori assai pesante. Il piccolo si sforzava, spingeva, sbuffava, girava attorno al vaso per trovare un punto vulnerabile, ma invano: non era riuscito a spostarlo neppure di un millimetro.

«Hai usato tutte le tue forze?», gli chiese il padre.

«Sì!» rispose il bambino.

«Invece no!» ribatté il padre con tono tenero e tranquillo, «perché non mi hai chiesto di aiutarti».

Anche noi, spesso, non facciamo appello a tutti i mezzi che abbiamo a disposizione per ottenere la forza per affrontare la vita. Il paragrafo indicato ([* 27], p. 93) ci ricorda come sia facile ottenere quella forza.

  • Quali sono i motivi per cui siamo riluttanti a confidare a Dio i nostri bisogni?
  • Perché a volte non viene spontaneo pregare Dio anche se siamo credenti?
  • C’è bisogno di intermediari tra noi e Dio per far giungere al trono della grazia le nostre preghiere?

PER RIFLETTERE

  • «Il canestro della vita trabocca di doni meravigliosi»
    R. Leonhardt.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Efesini 6:10,11
  • Salmo 28:6,7
  • Isaia 49:5
B. CAMBIARE: L’HO QUASI UCCISO!

Ben Carson, il grande neurochirurgo statunitense che fu il primo a eseguire un intervento di separazione di due gemelle siamesi unite alla nuca, racconta la sua storia che sa di miracolo. Tutto iniziò quando lui e il suo amico Bob stavano ascoltando la radio… Erano giovani e grandi amici tra loro.

Ben stava ascoltando attentamente quel programma; ma Bob, che non lo trovava interessante, cambiò stazione. Ben, di temperamento sanguigno, si irritò e perse la pazienza. Di fronte all’atteggiamento tranquillo dell’amico che a lui sembrò una sfida, tirò fuori dalla tasca di dietro dei pantaloni un coltello a serramanico. Premette il pulsante e la lama scattò pronta a essere introdotta nel ventre di Bob. Ben era accecato dall’ira, e la forza della sua mano era poderosa. Miracolosamente, però, la lama trovò un ostacolo: la fibbia della cintura dei pantaloni di Bob, e cadde a terra spezzata.

Ben in quell’attimo ritrovò la lucidità di mente e seppe pronunciare solo due parole: «Mi dispiace!». Poi corse a casa e si chiuse in camera. S’inginocchiò e pregò con tutta la forza dell’anima sua chiedendo a Dio di cambiare il suo temperamento focoso e di renderlo un docile strumento nelle sue mani! Pianse con Dio e invocò il suo aiuto per ore, fino a quando non ebbe la certezza di essere una persona diversa; e da quel momento in poi la calma e la tranquillità del dottor Ben Carson sono divenute proverbiali; i suoi colleghi lo chiamano: «Ben il gentile».

Non sempre riceviamo la risposta alle nostre preghiere così subito come la ricevette Ben; ma è importante mantenere una relazione stretta col Padre celeste che può ogni cosa. Il paragrafo indicato ([* 28], p. 98) parla della forza che si riceve dalla preghiera personale.

  • Quale potrebbe essere la tentazione che vogliamo vincere con l’aiuto di Dio?

PER RIFLETTERE

  •  «La fede ci fa comprendere che esiste qualcosa di incomprensibile»
    Sant’Anselmo di Canterbury.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Marco 1:35
  • Luca 22:39-46
C. AMORE: STORIA AFRICANA

Una giovane donna, prima di fare ingresso nella casa dell’uomo che aveva sposato, fu colpita da una malattia tremenda che lascia cicatrici profonde sulla pelle: il vaiolo, e il suo volto ne rimase deturpato.

Il marito, avendolo saputo, disse: «Mi fanno tanto male gli occhi!», e dopo un po’ di tempo: «Che disgrazia! Sono diventato cieco».

Trascorso il tempo stabilito, la sposa gli fu condotta in casa.

Passarono vent’anni e un brutto giorno la donna – che secondo la concezione che l’uomo ha della vita non aveva avuto molta fortuna – morì e al marito tornò la vista.

Quando gli chiesero il perché della cosa, egli rispose: «Non ero cieco, ma avevo fatto finta di esserlo perché mia moglie non si addolorasse pensando che io la vedessi deturpata dal vaiolo».

Dio ha fatto molto di più, per amore nostro, di quanto abbia fatto questo marito per amore di sua moglie: è morto per noi; eppure poche volte ce lo ricordiamo! Poche volte lo ringraziamo.

Leggendo il paragrafo indicato ([* 29]), p. 100) possiamo imparare come ringraziare Dio e come lodarlo per i benefici che ci elargisce continuamente.

  • Anche se quel marito si era finto cieco, la moglie avrebbe potuto scoprire la realtà?
  • Perché a volte non riusciamo a vedere l’evidenza di una realtà che segue il ritmo dei nostri giorni che passano: la protezione e la bontà di Dio nei nostri confronti?

PER RIFLETTERE

  • Ogni gioia irradiata restituisce immancabilmente la propria luce.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • 1 Samuele 2:1-10
  • Matteo 7:7-11
  • Luca 18:1-8
D. APRIRSI: BUONGIORNO, VICINO DI POSTO

In una grigia mattina, nelle vicinanze di una città dell’Italia del nord, un autobus carico di pendolari – operai e studenti – percorre la strada statale per raggiungere il capoluogo di provincia. Tutti i passeggeri, infagottati nei loro pastrani, insonnoliti dal ronzio del motore e dal calore del riscaldamento, sono assorti nella lettura. Nessuno parla, non una parola. Si vedono tutti ogni giorno, ma preferiscono nascondersi dietro un giornale, una rivista, un libro.

Una voce esclama all’improvviso: «Attenzione! Attenzione!». S’ode un fruscio di carta: le teste si sollevano.

«È il vostro conducente che vi parla». Tutti guardano verso la nuca dell’autista. «Mettete via i giornali, le riviste, i libri tutti quanti». I giornali, le riviste e i libri si abbassano. «Adesso voltatevi e guardate la persona che vi sta accanto». Tutti ubbidiscono, sorprendendo l’autista.

«Adesso ripetete con me…» continua il conducente, «Buongiorno, vicino di posto!».

Le voci sono timide, un po’ interdette, ma poi cade la barriera! Molti si stringono la mano. Gli studenti si abbracciano. La vettura è un brusio di conversazioni.

Buongiorno, vicino di posto!

Quanto perdiamo rimanendo sempre nel nostro guscio o nella cerchia ristretta delle nostre amicizie! Il paragrafo indicato ([* 30], p. 102) illustra appunto quello che perdiamo se non coltiviamo uno spirito comunitario.

  • Si è mai verificato nella nostra vita di tutti i giorni di privarci degli altri per negligenza, per la paura di essere troppo invadenti, per la paura di perdere un po’ della nostra privacy, chiudendoci nel nostro pastrano?

PER RIFLETTERE

  • «Chi crede nel bene presente negli uomini risveglia il bene in essi» Jean Paul.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Salmo 133:1
  • Atti 15:33-36
  • 2 Corinzi 11:7-9
  • 1 Giovanni 3:16-18

PER IL CAPITOLO 12

A. COMUNICARE: IL LINGUAGGIO DEGLI UCCELLI

Una tempesta di neve prese tutti alla sprovvista. «Credo proprio che nessuno andrà a scuola oggi», pensò Marco mentre spalava la neve dal marciapiede dalla parte del giardino. Era sorpreso di sentire uno strano rumore che proveniva dalla finestra della stalla. Qualcuno tirava  forse delle palle di neve? No, non era così. C’era un piccolo stormo di passeri, anche loro presi alla sprovvista dalla neve, che cercavano di trovare un riparo.

«Hanno bisogno di aiuto», pensò ancora Marco. «Si congeleranno con questo freddo». Allora andò ad aprire la porta della stalla e accese la luce, ma i passerotti non entravano. Corse a prendere del grano, delle molliche di pane per allettarli, ma gli uccelli non erano interessati nemmeno a questo. Pensò allora di prendere qualcosa per spingerli a volare dentro; ma non appena Marco alzò l’arnese, gli uccelli volarono lontano.

«Non si erano accorti che volevo aiutarli?» pensò il bambino. «Oh, se avessi potuto almeno parlare la loro lingua!». Visto che non poteva fare più di tanto, lasciò gli uccelli al loro destino e rientrando in casa sconsolato, pensò: «Credo proprio che avrei potuto salvarli solo se fossi stato un uccello anch’io».

La limitazione cui è sottoposto l’uomo non solo gl’impedisce di comprendere certi misteri della natura; ma, di fronte all’amore di Dio espresso materialmente nel sacrificio di se stesso, la mente umana si smarrisce. Il paragrafo indicato ([* 31], p. 108) ci conferma quanto l’uomo sia limitato e ci dice anche il perché di questa limitatezza.

  • Senza l’ausilio delle Sacre Scritture è possibile per l’uomo percepire il senso del sacrificio di Cristo e spiegare razionalmente le fasi del processo che porta al miracolo della conversione?
  • La Bibbia, Parola di Dio, spiega tutto della Divinità?
  • Qual è la rivelazione di Dio più chiara da percepire?

PER RIFLETTERE

  • «Con la parola l’uomo supera l’animale. Col silenzio supera se stesso» Anonimo.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Giovanni 17:3
  • Romani 8:38,39
  • Ebrei 1:1-3
B. È FACILE: IL PUZZLE

Durante l’assenza della moglie, un uomo d’affari molto importante dovette restare a casa per badare ai suoi due bambini scatenati. Aveva una pratica importante da sbrigare, ma i due non lo lasciavano in pace. Cercò d’inventare un gioco che li tenesse occupati per un po’ di tempo. Prese da una rivista una carta geografica che rappresentava il mondo intero; la tagliò in tantissimi pezzettini e disse ai bambini di ricomporla. Pensava che quel gioco li avrebbe tenuti occupati per un bel po’ di tempo: non sarebbe stato facile ricomporre quella carta geografica!

Dopo un quarto d’ora i bambini arrivarono trionfanti col puzzle perfettamente ricomposto.

«Ma come avete fatto a finire così in fretta?» chiese il padre.

«È stato facile», disse il più grandicello. «Sul rovescio c’era la figura di un uomo. Ci siamo concentrati su quella figura, e la carta geografica si è messa a posto da sé».

Spesso l’uomo pensa che sia estremamente difficile comprendere certe verità che sono contenute nella Bibbia; basta però guardare dalla parte di Dio e tutto sarà facile. Il paragrafo indicato ([* 32], p. 112) ci rivela il segreto per arrivare alla comprensione delle cose difficili di Dio.

  • Leggendo e studiando la Bibbia si possono sempre scoprire i misteri di Dio?
  • Qual è l’atteggiamento che l’uomo deve assumere quando si accinge a ricercare le profonde verità che Dio vuole rivelare all’uomo?
  • Perché a volte, nonostante tutto l’impegno che mettiamo, non si riesce a percepire tutta la verità?

PER RIFLETTERE

  • «Ogni opera dell’Eterno è un miracolo. E l’uomo, che vive nel miracolo, non lo sa» P. Mazzolari.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Giovanni 5:36
  • Genesi 28:15
  • Salmo 33:4
  • Matteo 28:20

PER IL CAPITOLO 13

A. FIDUCIA: UN’OPERAZIONE IMPORTANTE

Era un giorno nuovo, e sotto il tetto del vecchio pollaio rabberciato alla meglio, Schweitzer eseguì la sua prima operazione importante: un negro robusto di una trentina di anni, con un’ernia strozzata che andava in peritonite, era stato portato a braccia dai suoi parenti per 150 chilometri.

«Non aver paura», gli disse Schweitzer appena lo vide, «ora dormirai e quando ti risveglierai non soffrirai più».

Dopo avergli somministrato l’anestetico, assistito da sua moglie, il dottore-organista cominciò a operare. Regnava un silenzio impressionante. Una barriera di occhi bianchi nella penombra della capanna studiava ogni suo gesto. Era ovvio che se l’operazione non fosse riuscita, ne sarebbe andata di mezzo la vita del chirurgo.

L’operazione andò bene e il negro robusto dopo un po’ si risvegliò. Si guardò attorno con prudenza, poi esclamò: «Non soffro più, non soffro più!».

La sua mano cercò quella di Schweitzer e non la lasciò che dopo un bel po’ di tempo.

La barriera di occhi bianchi non era più ostile, anzi appariva come se fosse in venerazione, e un mormorio festoso echeggiò nell’aria. Quando la notte discese, il tam-tam si fece sentire nella giungla: era un messaggio di fiducia e di speranza che  si diffondeva tra la gente di quel mondo fatto di miserie e di sofferenza. E quel messaggio diceva: «l’oganga bianco possiede un coltello che guarisce ogni male… l’oganga è potente!».

  • La fiducia nasce da un’evidenza positiva; grazie a questo risultato Schweitzer conquistò la fiducia di quel popolo che desiderava tanto aiutare. Sebbene ci siano state nella nostra vita evidenze positive degli interventi di Dio, non sempre riusciamo a scorgerle. Rileggendo il paragrafo indicato ([* 33], p. 117) possiamo constatare quanto sia annebbiata la nostra vista di fronte a quelle evidenze.
  • Come mai l’uomo vede in maniera macroscopica le difficoltà della vita?
  • Perché spesso si sente dire, o forse lo pensiamo anche noi, che sono più gli aspetti negativi che quelli positivi della propria esistenza?

PER RIFLETTERE

  • «Quanta paura del futuro nel rimpianto del passato!» R. Gervaso.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • Romani 8:17
  • 2 Corinzi 4:15-18

B. ESSERE POSITIVI: L’UOMO CHE PIANGEVA TROPPO

C’era un uomo che si commuoveva sempre con tanta facilità. Tutte le bellezze e le brutture della vita lo ferivano in egual misura.

I suoi amici lo prendevano in giro. «Hai le lacrime in tasca», gli dicevano.

Un giorno, l’uomo che piangeva troppo venne a sapere che la figlia piccola del re era gravemente ammalata. Nessun medico era capace di guarirla da una profonda tristezza che ogni giorno la indeboliva sempre più. Allora pensò di andare a trovarla per portarle conforto, e così fece. Giunto al capezzale della bambina, sentì il cuore stringersi di dolore; e mentre cercava di dire qualcosa alla principessina, le lacrime si affacciarono ai suoi occhi.

La bambina lo guardò incuriosita e poi esclamò: «Non avevo mai visto un uomo con tanta rugiada sulle ciglia».

L’uomo s’intenerì ancora di più, ma seppe trattenere le lacrime. Capì che ai bambini non piacciono gli adulti che piangono, ma quelli che sanno piangere. E da quel giorno, quell’uomo che piangeva troppo non andò più in giro per il mondo grondando come una fontana, ma fermando le lacrime sul ciglio. Aveva imparato che un uomo adulto, un uomo maturo deve trattenere le lacrime. Non tanto perché non sia un bello spettacolo, ma perché spetta a lui asciugare le lacrime degli altri.

Questa semplice storia ha un significato di grande importanza. Dio vuole che la nostra vita profumi di gioia cristiana perché infonda coraggio a chi sta per vacillare. Il paragrafo indicato ([* 34], p. 122) rinforza l’importanza della nostra influenza sugli altri.

  • Perché l’uomo che piangeva troppo imparò a trattenere le lacrime?
  • C’è stato mai nella nostra vita un momento in cui invece di essere d’incoraggiamento a qualcuno siamo stati motivo di maggiore scoraggiamento? Se sì, perché?

PER RIFLETTERE

  • «Il senso della vita consiste nel saper gioire di essa e nel renderla più bella per ogni persona umana» D. B. Gurion.

PER UN APPROFONDIMENTO

  • 1 Corinzi 8:9-13
  • Ebrei 10:23-25
  • Colossesi 3:12-17

24 schede in PDF.

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